martedì 17 novembre 2015

Maestria e Cintura Nera



Oggi ho tradotto un interessantissimo articolo scritto da Peter Boylan Sensei nel suo Blog "The Budo Bum" che potete trovare qui


MAESTRIA E CINTURA NERA
di Peter Boylan Sensei, tratto da The Budo Bum

Sul suo Blog The Stick Chick blog l’insegnante di Arnis Jackie Bradbury , ha scritto un bell’articolo intitolato “sono veramente una cintura nera” che mi ha portato a pensare ai livelli di abilità e di maestria.


Da qualche parte nel passato, la cintura nera è divenuta sinonimo di Maestria, ma non è lo stesso significato che viene dato in Giappone, ove il primo livello di cintura nera viene chiamato “Shodan”



初段  

che significa “passo iniziale”.

Molte arti tradizionali in Giappone nemmeno usano il sistema di graduazione in Dan ( o le cinture colorate), ma al di fuori del Giappone la cintura nera ha acquisito il significato di Bravura e Maestria, e questo è quello di cui voglio parlare.


Che cos’è la Maestria in un’arte marziale? Quando capiamo che l’abbiamo raggiunta? Non sto parlando di riconoscimenti esterni come i diplomi o certificati, ma della Maestria stessa.



Pratico arti marziali da circa 30 anni, uno dei miei insegnanti lo fa da 85 (non è un errore di battitura) e più lo faccio, più i gradi perdono significato, ma riesco a capire di cosa stia parlando Miss Bradbury. In che momento hai capito di aver padroneggiato l’Arte? Quand’è che cessi di essere un Apprendista che necessita di essere indirizzato ed inizi ad essere un Artigiano che può indirizzare il proprio lavoro e quello degli altri? Quando raggiungiamo questo livello di Maestria?



Cosa si intende per Maestria in un arte marziale? Jackie Bradbury ha riconosciuto un momento critico di questo percorso nella capacità di vedere i collegamenti fra le tecniche e le azioni, e la propria capacità di scegliere percorsi differenti sapendo dove porteranno.



La Maestria è un concetto molto relativo, se mi raffronto con persone che hanno appena iniziato ad addestrarsi con la spada, sembra quasi che io ne sappia un bel po’, la mia presa è buona, so come respirare e come muovermi, uso le anche nel modo corretto. Come Miss Bradbury, so cosa sta succedendo e cosa succederà nella maggior parte dei casi e come un avversario possa essere bloccato su un sentiero instabile.. in confronto ad un principiante sono piuttosto bravo.



Ma raramente cerco un confronto con un principiante, la mia pietra di paragone è sempre il mio insegnante, visto che Kiyama Sensei pratica da 85 anni mi sento sempre un principiante con lui, quello che io riesco a fare bene con un certo sforzo a lui riesce meravigliosamente senza nemmeno provarci. La sua presa è stupenda, i suoi movimenti eleganti, efficienti, potenti, e questo è il livello di bravura con cui mi paragono.






Quando sono onesto con me stesso, ammetto di essere ad un livello di Artigiano.


Che cosa qualifica un praticante come un Artigiano?


Penso che servano diversi attributi:


- Un Budoka Artigiano è capace di respirare e camminare correttamente (sono serissimo).


- È in grado di praticare i Kihon correttamente senza pensarci


- Ha la capacità di effettuare una tecnica senza concentrarvisi


- E’ in grado di vedere i propri errori e di capire come correggerli.


Quando hai raggiunto queste capacità, sei un Artigiano.




Ho già scritto un blog intero sul respiro e la camminata, quindi non ci spenderò altre parole, ma dirò solo che un Artigiano respira dall’addome per ottenere il massimo dell’efficienza dai polmoni, cammina eretto senza ingobbirsi o estendersi indietro, ed il suo movimento prende la forza da Koshi (Fianchi)



Un Artigiano ha padroneggiato i Kihon, i Fondamentali, dell’Arte al punto che li può mostrare senza pensarci anche se distratto. Essi appaiono corretti da soli, che siano gli affondi di un Bo, i tagli di una spada, il volteggio di una Naginata, il pugno del Karatè o la proiezione del Judo. 


Kihon - Fondamentale

Il Kihon, semplicemente, succede. L’Artigiano ha raggiunto un livello in cui fare i fondamentali è inconscio, e deve pensarci veramente per farli vedere sbagliati.




Quando pratica le tecniche a pieno, e non più i Kihon, l’Artigiano può eseguirle mentre processa altre informazioni. Come descrive Miss Bradbury, può eseguire la tecnica e pensare alle sue conseguenze e come si connetteranno con la tecnica stessa.


Nel judo pratichiamo molto i Renzoku Waza, tecniche collegate l’una all’altra continuamente senza mai interrompere l’attacco. Anche se mentre la tecnica avviene viene bloccata dall’avversario, un Artigiano può spostarsi su un’altra tecnica che si avvantaggia della risposta dell’ avversario. Un artigiano può vedere queste catene con naturalezza e si ritroverà a spiegare agli studenti perché certe tecniche o attacchi siano una pessima idea. L’Artigiano può vedere la tecnica e le conseguenze che ne derivano, lo studente non ci riesce.



Un Artigiano ha raggiunto sufficiente comprensione ed abilità da dirigere l’allenamento di qualcun altro o il proprio, vede ciò che deve essere corretto nella tecnica dello studente e nella propria, avverte se sta facendo qualcosa nel modo sbagliato. Vede l’errore dello studente e riesce a vedere che la radice del problema è che sta usando il mignolo destro invece del sinistro, che il problema alle spalle è generato dalle anche.


Un Artigiano riesce a fare la stessa analisi su se stesso e risolvere i problemi della propria tecnica, il che è considerevolmente più complicato. Non ci vuole molto perché un principiante riesca a vedere le debolezze nella propria tecnica ed in quella degli altri, ma non è la stessa cosa vedere il problema e risolverlo.

Quando un Artigiano scopre un problema con la propria tecnica ha la capacità e la conoscenza profonda necessari a comprendere cosa lo sta causando e trovare una via per risolverlo, non vede solo il problema, ma anche il modo per risolverlo.



Naturalmente c’è più della semplice conoscenza tecnica nell’essere un Buon Artigiano, egli comprende i principi ed i fondamenti dietro la tecnica ed applica questa conoscenza per risolvere le debolezze degli studenti, può vedere una vibrazione nell’angolo di taglio della spada e riconosce che deriva da una presa debole della mano sinistra, o troppo forte della destra, ed elabora un esercizio per iniziare a correggere il difetto.


Questo è il livello di maestria che rende qualcuno un Artigiano, che abbia la cintura nera o meno non significa granche’, egli ha interiorizzato fondamenti e tecniche in modo da lasciare libera la mente di analizzare i concatenamenti che ogni tecnica produce.



venerdì 9 ottobre 2015

Miyako San e la Via dell'educazione

Sta ormai facendo il giro del Web, e diventando famosa suo malgrado (presumo), dopo essere stata ritratta in questo breve filmato diretto da Erez Sitzer 
con questo commento:

"stavo cercando una stazione dei treni, una di quelle che vedi raramente.. piccola, nella campagna giapponese.
e l'ho trovata.
e, per pura casualità, ho trovato qualcos'altro, qualcun'altro. Miyako, la capostazione.
L'ho guardata sorridere ad ogni passeggero che scendeva dal treno, e poi l'ho vista salutare il treno in partenza e, soprendentemente, ha continuato a salutare fin quando non è scomparso all'orizzonte.
nessuno ha assistito, bè,  eccetto me.

 In quel breve lasso di tempo il mio amore e il senso di meraviglia per la vita si sono rinnovati.
Quando le ho parlato, più tardi, mi ha raccontato che all'inizio si sentiva timida e quasi non salutava. poi, lentamente ha iniziato a fare qualcosa che non era tenuta a fare, e mai avrebbe immaginato di fare.
Così, questa è Miyako, Capostazione in una minuscola stazione nel mezzo del Nulla giapponese, che si prende cura di ogni treno e passeggero che passa di lì."
                                                                                                                        Erez Sitzer



Chiunque abbia un minimo di passione per la cultura Giapponese comprenderà con lo Spirito cosa stia facendo questa gentile donna giapponese.
Ha "semplicemente" messo tutta sè stessa in ciò che fa, con semplicità, cercando di fare al meglio il proprio lavoro.
questa cosa si nota spesso in Giappone, nel modo gentile e (per un occidentale) affettato con cui una commessa ti porge il resto, o nel modo di salutare dei cuochi e dei camerieri quando entri al ristorante.
Mi è ritornato in mente un breve scritto del mio Maestro, Mauro Toso..
sono andato a ritrovarmelo nel fiume elettronico dei post di Facebook..
"

Yonago, Budokan della prefettura di Tottori
Ci accompagna in macchina Nakamura san, Soke Yasumoto è arrivato un minuto prima di noi. Nakamura san ci fa scendere e poi allontanandosi un pochino accoglie il Soke con un profondo inchino. Entriamo e andiamo a cambiarci, il Soke preferisce farlo nella sala tatami, noi nei rispettivi spogliatoi. Ci alleniamo per quasi tre ore, nonostante il caldo ripassiamo praticamente tutti i kata, le tecniche di rianimazione e pronto soccorso. Il tutto accompagnato dai soliti bonari rimproveri e smorfie del Soke perché non mi ricordo mai le cose come vorrebbe lui….ma tanto ogni volta aggiunge un particolare in più e al prossimo incontro ricominceremo da capo…..al termine usciamo e mentre la pratica è vergognosamente gratuita, dobbiamo pagare il prezzo scandaloso della doccia, ben 100 Yen a testa.
Fuori dal Budokan ci salutiamo, il Soke tornerà la sera, prima della nostra partenza, Nakamura San si offre di portarci a vedere i templi sul monte Daisen…..poi mentre Soke Yasumoto sta partendo si allontana e si mette in disparte…segue la macchina del Soke con la testa mentre fa manovra e quando parte gli fa un ultimo profondo inchino….
Non metto in secondo piano la pratica e la disponibilità, oltre alla grande maestria tecnica, di Soke Yasumoto, ma questo piccolo, sentito fino nell'anima, gesto di Nakamura San mi fa apprezzare quanto valga la pena volare in questo lontano e complesso paese chiamato Giappone, dove un gesto che dura un attimo ti ricorda quanto sia profondo il Budo e queste persone uniche che ancora lo rappresentano."


Ecco, l'unica cosa su cui "dissento" con Mauro è che questo atteggiamento dimostrato da Nakamura San, e da Miyako non sono appannaggio del Budo, ma sono trasversali ad una cultura che, anche attraverso il Budo, insegna ad impegnarsi a fondo in ciò che si fa, senza altro scopo che farlo al meglio, con Mushotoku.
C'è molto Zen in questo atteggiamento, l'essenza del "Qui ed Ora", del fare di ogni istante e di ogni gesto, la motivazione di se stesso.
E', esattamente, l'atteggiamento che cerco quando pratico il Kenjutsu o lo Iaido.. cercare in ogni gesto la perfezione, non per il gesto perfetto in sè, ma perchè Quel gesto, quel movimento, assumono la stessa importanza di tutti gli altri nella propria vita. 
Di concerto, praticando correttamente queste Arti, imparo a riportare nella vita di tutti i giorni questo stesso atteggiamento, in un circolo vizioso che ha lo scopo di farmi vivere al meglio.

Non è uno stadio facile da raggiungere, anzi, poichè sono/siamo sempre oberati di mille sovrastrutture di preoccupazioni/pensieri/emozioni, eppure quando ne raggiungi un barlume, lo capisci subito.
Ed il modo di raggiungerlo, è attraverso il Kata.
la forma..
la ripetizione del gesto
Chissà quante volte Nakamura san si è inchinato al passaggio del Soke, per puro rispetto, anche se il soke non lo vedeva. E Miyako è evidente che ha fatto del proprio modo di salutare un Kata..

come dice Peter Boylan Sensei nel suo blog The Budo Bum








"Se osservate, sembra che abbia creato un kata delle parti più difficili, in particolare dell'ondeggiare della mano. E' un Kata, una forma, e lei lo riempie di apprezzamento e sollecitudine per i passeggeri.


Questo è ciò che dovremmo fare della nostra pratica, non solo della parte tecnica, ma di tutto ciò che compone la pratica.


Se state leggendo questo, probabilmente praticate qualche forma di Budo o via marziale.
Guardandolo freddamente, le probabilità di aver bisogno delle abilità marziali acquisite, nella vita di tutti i giorni, sono molto basse, ma è un dato di fatto che avremo bisogno di tutto il resto che pratichiamo.
Quando pratico Iaido o Judo o Jodo abbiamo modi corretti di salutare il prossimo, di portargli rispetto e di portargli onore e deferenza se è il caso.


Questi elementi essenziali di educazione e rispetto sono piuttosto assenti nella cultura popolare moderna e la gente è spesso stupita dai risultati che si possono ottenere con essi, e questo è vero non soltanto nel mondo lavorativo e della società, ma anche nelle situazioni più tese o in cui i freni inibitori contro la violenza si indeboliscono.


Il potere dell'educazione e del rispetto per evitare e de-escalare i conflitti è incredibile, e questa parte della nostra pratica necessita di almeno altrettanta attenzione rispetto alla capacità di colpire o tagliare.


Essere Educati.


Portare rispetto.


Agire con dignità.


Tutte queste cose sono parte integrante delle Vie che pratichiamo, io spero che la mia pratica sia sincera e di successo quanto quella di Miyako.


Lei, ha creato una Via meravigliosa."



Do, Via...
ecco come la ricerca della perfezione, della Via, possa essere trasposta in ogni cosa che facciamo..
tutte le Arti giapponesi che ho avuto modo di provare (Jujutsu, Iaido, Kenjutsu, Haiku, Sumi-e per dirne alcune) hanno, alla fine, lo stesso obbiettivo finale..
Raggiungere la completezza di Se che Miyako dimostra con il suo sorriso, ed il suo dolce e sinuoso saluto ai viaggiatori in partenza.







mercoledì 30 settembre 2015

Il Budo è semplice!



Quando ho iniziato lo studio del Moto Ha Yoshin Ryu Jujutsu, mi sono trovato di fronte ad una serie di Kata che mi sembravano molto differenti e discordanti l'uno dall'altro..sebbene ci fossero delle tecniche comuni, queste mi sembravano sempre diverse..trovavo lo studio di questa scuola difficile, a volte frustrante..


Ma solo fino a quando non ho passato la fase dell'imparare a memoria le tecniche, ed ho iniziato la fase del comprenderne l'essenza
ne ho già parlato in questo blog, fra i miei primi post..
Ho capito, allora, che la scuola era impostata su un numero limitato di principi base, che venivano insegnati trasversalmente all'interno dei kata..

Ora, più approfondisco lo studio, più mi rendo conto di quanto la scuola sia semplice e si basi fondamentalmente su due soli Kuzushi, e su una manciata di principi..


Ha ragione (come potrebbe essere diversamente) Yasumoto Soke, quando dice che la scuola si basa su tre soli pilastri.. Kuzushi, Tenouchi e Taisabaki.. questi tre fondamenti rendono possibile ogni tecnica..



Per assurdo una volta raggiunta la padronanza di queste tre variabili, potrei (Dovrei!) dimenticare completamente la tecnica, il principio, perchè da essi scaturisce ogni singolo risultato nel Jujutsu.
certo, per raggiungere una tale padronanza devo però passare attraverso lo studio dei Kata, al loro apprendimento, metabolizzazione, padronanza (Shu - Ha - Ri)..non esistono scorciatoie...
è come vedere la cima di una montagna.. è lì.. la vedo, so dov'è.. ma per arrivarci devo arrampicarmi, camminare, strisciare, graffiarmi nei rovi.
Una volta su, sembra tutto facile..ma il percorso è stato ciò che mi ha permesso di arrivarci.

Naturalmente, come succede, quando raggiungi la comprensione di qualcosa ti guardi attorno, e trovi persone che hanno fatto il tuo stesso percorso..

in questo caso ho scoperto il Blog The Budo Bum di Peter Boylan Sensei, che studia diverse scuole antiche oltre al Judo kodokan, avendolo trovato estremamente interessante e profondo, gli ho chiesto la possibilità di tradurre un suo Articolo che ricalca quanto ho cercato impropriamente di esprimere più sopra.

Si vedrà che, trasversalmente all'arte applicata, il concetto è il medesimo.

Ringrazio Peter Boylan per il permesso di traduzione


Il buon Budo è semplice ma non significa che sia Facile

Good Budo Is Simple. That Doesn't Mean It's Easy
di Peter Boylan Sensei, tratto da The Budo Bum




Ho avuto un’interessante conversazione con uno dei miei studenti di Shinto Muso Ryu (ndt una antica scuola di Jobo, il bastone da 120cm) su un problema che lo stava bloccando in una delle tecniche base.

Lo studente stava rendendo inutilmente complicata una tecnica che già di per se, pur essendo una tecnica base (Maki Otoshi in questo caso), è già complicata di suo.



Foto di Grigoris Miliaresis 2014

Il vero Budo è semplice.

Ogni Koryu con cui ho avuto l’opportunità di lavorare è estremamente semplice, lo Shinto Muso Ryu per esempio ha solo 12 tecniche fondamentali e più le pratico, più mi convinco che possano essere ridotte solo a due, un affondo ed un colpo.

La scuola Shinto Hatakage Ryu di Iaido si può semplificare in “estrai e taglia”, perfino azioni difensive come il SuriAge ed Uke Nagashi sono applicazioni dei meccanismi fondamentali di un buon taglio, niente di più semplice : Taglia, inverti il movimento ed ecco Suriage. Mantieni intatta la relazione fra braccio, mano e spada, spostali lateralmente ed ecco Uke Nagashi. Semplice.

Il Judo Kodokan ha un impressionante lista di tecniche : 65 proiezioni, una dozzina di strangolamenti e un certo numero di leve articolari, tutte queste tecniche esprimono il concetto di精力善用, o “massima efficienza con minimo sforzo” (come viene comunemente tradotta).

Le Proiezioni, tutte indistintamente, da quelle grandi come SeoiNage e Kata Guruma, alle sottili spazzate di piede come DeHashiBarai, fino a quelle che sembrano impossibili da realizzare come Uki Otoshi, si basano sul principio di Kuzushi. (Rottura dell'equilibrio) Più studio, più mi rendo conto che Kuzushi è una cosa semplice e non l’insieme di movimenti che mi è stato insegnato per raggiungerlo durante la proiezione.

Un Buon Budo è sempre semplice.

Posso completare tutti i kata dello Shinto Muso Ryu in circa 20 minuti, ed i Kata di Iaido del Muso Jikiden Eishin Ryu possono essere fatti in un tempo simile. I kata dui Kenjutsu del Muso Shinden Ryu possono essere compiuti in massimo 10 minuti. Non c’è NULLA di complicato in loro, tutte le tecniche di Iai sono semplicemente “estrai e taglia”, i kata di Jo, per quanto avanzati, possono essere riportati a 12 tecniche foindamentali.


Una buona domanda da porsi e’ “perché un buon Budo è semplice”?

Semplice ha molti vantaggi; prima di tutto è più facile da insegnare ed apprendere, per esempio nello Iai se hai un solo modo di tenere la spada e la usi sempre nello stesso modo puoi apprenderne l’uso in maniera più veloce che se avessi modi diversi di impugnarla per diverse situazioni.


Semplice è più omogeneo e più stabile. Azioni brevi, semplici e non complicate sono più fluide da portare a compimento e lasciano meno spazio ad errori. La complessità crea punti deboli, se sto usando una spada creo un apertura ogni volta che cambio impugnatura, poiché c’è un istante durante il cambio in cui il mio controllo sull’arma è debole poiché devo lascairla andare per cambiare, se il mio avversario attacca in quel preciso istante non potro’ reagire, e verrò sconfitto.

La stessa cosa accade nel Judo, il modo di muovere i piedi è estremamente semplice ed evita completamente movimenti a piedi incrociati, questo pwrchè nel momento in cui incrociamo i piedi stiamo in equilibrio su un solo punto invece che due, rendendoci instabili e vulnerabili. Complesso è debole perché ha molti punti vulnerabili attraverso cui far passare un attacco, per contro semplice è più forte perché ha minori Suki (aperture) all’attacco.
Un Buon Budo è basato su pochi principi e movimenti base che possono essere utilizzati in un eccezionalmente ampia varietà di situazioni e, al contrario, evita i principi che possono essere usarti solo in poche situazioni.


L’obbiettivo è creare il maggior numero possibile di utilizzi per il minor numero possibile di movimenti appresi, il che lo rende un sistema molto efficiente ed efficace.

I Sistemi semplici sono i più facili da applicare ed utilizzare, se dovessi scegliere fra una dozzina di diverse tecniche per rispondere ad uno stesso attacco, aumenterei la possibilità di mescolare elementi di diverse tecniche, con il risultato di ottenerne nessuna. Con sistemi semplici e coerenti, le tecniche sono costruite su un singolo fondamento comune che rende comuni gli elementi di ogni tecnica, rendendo il passaggio da una all’altra fluido e più facile, diminuendo la posssibilità di errori.

Le tecniche complesse aprono anche ad altri problemi, come il fatto che ogni passaggio in più moltiplica la possibilità di errore in maniera significativa. Le tecniche migliori sono più semplici possibile proprio per non lasciare spazi ad errori ed arrivare alla conclusione velocemente ed efficacemente.

Tecniche più semplici sono anche più veloci, in quanto ogni ulteriore passaggio richiede un allungamento dei tempi, e tempi più lunghi danno l’opportunità alle Leggi di Murphy di entrare in gioco, cosa che, di mio, eviterei il più possibile.

Come stanno scoprendo i miei allievi, d’altra parte, è che SEMPLICE non significa FACILE, ci vuole un sacco di lavoro per sviluppare le abilità fondamentali necessarie.

Per quanto mi riguarda, la tecnca più difficile del Kodokan Judo è la prima del primo kata che viene insegnato, Uki Otoshi. Dopo 29 anni, finalmente, comincio a pensare di aver iniziato ad capirla, ed è una tecnica semplicissima, allo stesso tempo fra le più difficili che abbia provato.

La mia versione del Rasoio d’Occam è “il Budo più sempluce è il Budo migliore"