giovedì 16 marzo 2017

Letterati e Guerrieri




Si sente parlare spesso di "Dolce Arte", di  "Flessibilità e Cedevolezza"  , della storia del Salice e di come cedesse alla neve invece che rompersi come la quercia, di "il morbido vince il duro"...
Tutti questi aforismi, miti, storie sono patrimonio comune di chiunque faccia arti marziali Giapponesi, vengono normalmente ripetuti dal maestro di turno con tono altèro, non importa che questo insegni Karate, Judo, Aikido, jujitsu...vengono generalmente ripetuti come un mantra ed usati (spesso) a  sproposito..
Ma quanto spesso questi concetti sono VERAMENTE compresi appieno?

ecco

Ci sono concetti così semplici eppure così profondi che, ogni volta che li affronto, mi sento un ignorante, un Bifolco che guarda una lavagna con gli appunti di un fisico nucleare...

Riesco a volte ad afferrarne un brandello, a vedere con la coda dell'occhio, di sfuggita, il "segreto" che è stato posto in bella vista...a capirne la Verità e la bellezza, ma poi tutto ritorna nell'oblìo, e devo ricominciare dalla base, dalla pratica quotidiana...

Per esempio, nella storia ufficiale della Takagi Yoshin Ryu, da cui il Moto Ha Yoshin ryu Jujutsu nasce, si legge che

"La scuola del maestro Ishiya (1845-1902) divenne molto famosa ed autorevole, secondo le documentazioni il 14° soke della Scuola,  Ishiya Takeo Masaharu era famoso per essere il “miglior Artista Marziale del periodo Edo” ed il principio più importante della sua scuola era “  Morbido fuori e duro dentro”,  e questa espressione è rimasta come principio cardine dell’Hontai Takagi Yoshin ryu fino ai giorni nostri."


Ecco...
questo concetto è uno di quelli che si sente  spesso...
ma cosa significa veramente?

Io ho elaborato alcune mie teorie, nate dalla pratica costante della Scuola,  che vorrei proporvi in questo luogo virtuale...
mi piacerebbe che Voi lettori mi diceste la vostra, correggendomi od aggiungendo la Vostra interpretazione
Gai ju Nai Go
Fuori Morbido, Dentro Duro

Questo aforisma viene spesso usato parlando del Carattere di una persona, intendendo che sia apparentemente gentile e cedevole ,  ma che nasconda in verità un carattere duro e determinato.
E', naturalmente, una caratteristica che possiamo rilevare in molti giapponesi (sopratutto più anziani), un modo di porsi gentile e premuroso, ma in cui  dietro si avverte la fermezza e la risolutezza.

Ma nelle arti marziali?
Cosa significa  "morbido fuori, duro dentro"?
di cosa stiamo parlando?


La prima interpretazione che mi viene in mente riguarda il Tenouchi, cioè il modo corretto di stringere con le mani sia la Spada, che Hanbo (bastone corto)  o Chobo (il bastone lungo, o Rakushakubo)..
Il modo è sempre lo stesso.. la mano deve essere morbida e flessibile, non deve irrigidirsi sull'arma, ma deve essere rilassata.. la stretta si rafforzerà e diventerà più forte solo nell'atto del taglio/colpo...Quindi Morbido fuori, duro dentro.

La spada pertanto sarà mobile e reattiva fino al momento stesso in cui  sarà necessaria fermezza.


Allo stesso modo  quando Uke afferra Tori, la presa dovrebbe essere morbida e flessibile finchè Uke non inizia la tecnica, e diventare più ferma e forte quando Tori inizia a muoversi, questo per evitare di "legarsi troppo" a Tori e poter essere più reattivi, e  non irrigidirsi inutilmente. 

Similmente Tori stesso in questo frangente, dovrebbe essere rilassato, ed irrigidire la muscolatura dell'avambraccio e del braccio solo quando sta iniziando la tecnica, in questo modo creerà un piccolo Kuzushi, che darà inizio alla sequenza cinetica .


Negli Atemi, cioè nei colpi, la mano ed il braccio rimangono morbidi fino all'ultimo istante, al momento del colpo, il pugno si chiude, il braccio si irrigidisce, per portare nel colpo tutto il peso..
 
In tutte le tecniche, in realtà, si dovrebbe lavorare allo stesso modo... cioè essere flessibili, morbidi, rilassati fino all'ultimo istante, quell'istante in cui diventare duri è utile al trasferimento dell'energia da Hara al punto in cui la voglio concentrare.


Per fare un esempio, una corda è morbida e flessibile, utile per tirare, ma se voglio usarla per trasferire una forza, non posso certo spingerla...
il nostro braccio deve essere come una corda quando desidero tirare o muovermi, ma devo avere la capacità di irrigidirla quando devo "spingere", cioè portare il peso in spinta (come in un pugno)


Nell'onnipresente Kotegaeshi, per fare un altro esempio universale, dovrò cercare di essere morbido e flessibile fino praticamente alla fine, applicando forza proprio in quell'istante finale di "chiusura "  della tecnica, non quindi un applicazione di forza fine a se stessa, ma funzionale alla tecnica stessa.


In tutti questi esempi il leit motif è sempre quello, MORBIDO FUORI DURO DENTRO si riferisce a  Dentro e Fuori la tecnica, un "prima e durante" praticamente...

Naturalmente questo aforisma si riferisce anche al metodo di pratica...
Inizialmente, quando il praticante ha appena iniziato (Mudansha), la pratica deve essere morbida, Uke deve attaccare in modo sincero ma restare morbido, permettere a Tori di imparare la sequenza cinetica in un "ambiente" protetto e rilassato..

man mano che le capacità crescono , la pratica deve farsi un pò più dura, l'attacco più intenso, più duro, più realistico.
Se manca questo passaggio, ci ritroveremo a fare un balletto e la nostra tecnica non migliorerà mai.


Lo stesso atteggiamento del Sensei segue il motto Gai Ju Nai Go... 
Egli è morbido e gentile, ma deve essere forte e  duro quando serve. Deve essere morbido con chi ha appena iniziato e più duro con chi è più avanti nella via...
Deve essere flessibile e Tollerante con gli altri, ma inflessibile e duro con sè stesso.
 
In fondo, e qui ritorniamo al concetto iniziale, la scuola stessa dovrebbe sviluppare in ogni  praticante il modo  di essere e di comportarsi descritto dall'aforisma, un atteggiamento  di Tolleranza e comprensione dell'Altro, ma allo stesso tempo di sicurezza e fermezza di Sé, delle proprie idee, del proprio Essere.

Un ulteriore esempio si può trovare in uno scritto della Katayama Ryu, gentilmente segnalatomi dal M° Brandozzi.
La Katayama Ryu è una scuola che mira a formare non solo degli spadaccini, ma anche e sopratutto delle persone in grado di Governare correttamente un Feudo ( essendo la classe dei Samurai una classe non solo guerriera, ma anche una classe Nobile).
Tutti gli insegnamenti di questa scuola possono pertanto essere visti nell'ottica della tattica di combattimento o, leggendoli più in profondità, nell'ottica del modo di amministrare.
Nel testo Ōhen hakkyoku 応変八極, pertanto si può leggere la seguente frase:
 


Assumere il modello di un
letterato all’esterno e di un guerriero all’interno è l’abilità che
rende possibile difendersi reagendo velocemente. 
Governare la nazione deve essere certamente in questo modo."
http://katayama-ryu.org/it/teachings_it/ohhen_i/

Un Letterato all'esterno ed un Guerriero all'interno.. ecco un piccolo meraviglioso modo di rendere il Gai ju Nai Go.


Come tutto ciò che viene insegnato dalle Koryu, un concetto stratificato e trasversale estremamente profondo che differenzia queste Antiche Tradizioni dai sistemi più moderni.

Post Scriptum:
Dopo aver scritto questo testo, ed averne parlto con altri, mi sono reso conto di aver tralasciato un particolare non poco importante, che non avevo focalizzato prima...


Morbido e Duro non sono mutualmente esclusivi, non è che ci sia PRIMA uno e POI l'altro...
entrambi sono fluidi, si alternano e compenetrano
..ci saranno momenti in cui prevale l'uno rispetto
all'altro, ma la situazione perfetta è quando entrambi i concetti sono presenti allo stesso tempo, essere CONTEMPORANEAMENTE  Duro E Morbido, Vuoto e Pieno, Ying e Yang... come mi ha ricordato il mio Sempai Rinaldo, il tao è costituito da Bianco e Nero, e da una parte di Bianco nel nero e viceversa, ma il Tao nella sua interezza e' Uno solo e li include entrambi.

e, come mi scrive  giustamente il M° Brandozzi:

"
Sebbene quanto descritto sia l'atteggiamento strategico generale, non
è escluso che nella tattica del combattimento sia necessario a volte
essere duro all'esterno e morbido all'interno. Cosa voglio dire:
nell'interazione tra Yin e Yang si gioca la partita. Sia la Katayama
che la Tenjin sono intrise della teoria dell'I-Ching (Taoismo) e
l'adattabilità alle circostanze richiede la scelta dell'atteggiamento
tattico necessario piò confacente al momento. D'altronde è nella
interazione/combinazione delle due linee (intera e spezzata) che
scaturiscono i 64 esagrammi."


Food for Thoughts...
:-)