venerdì 14 novembre 2014

Dai samurai a Mazinga..

DAI SAMURAI A MAZINGA.. AL JUJUTSU


Domenica scorsa sono andato a Treviso alla prestigiosa Casa dei Carraresi per vedere la mostra "Giappone: dai Samurai a Mazinga" di cui trovate il sito QUI.

Sono partito convinto di andare a vedere una piccola mostra, mentre mi sono ritrovato di fronte ad una mostra enorme, professionale, ben strutturata ed allestita e che, alla fine, raggiunge perfettamente lo scopo per cui è stata creata.

innanzitutto c'è da dire una cosa..
NON E' UNA MOSTRA PER BAMBINI....
non intendo dire che i Bambini non si divertano.. ma semplicemente che non hanno gli strumenti per capire quello che la mostra vuole veicolare... ma questo è esattamente la ragione che mi ha spinto a scrivere questo post.

innanzitutto due parole sulla mostra stessa, come dicevo è organizzata in maniera esemplare e molto curata.. all'ingresso ci accoglie un Mazinga  alto due metri e mezzo che fa la sua porca figura..

Dopo che si è pagato il biglietto (ed eventualmente un audioguida) si entra nella mostra affrontando una zona dedicata all'immaginario del Samurai, antichi Yoroi, una Katana, una selezione di Tsuba ed un meraviglioso Paravento in legno laccato in oro con dipinte scene da un famoso racconto tradizionale..

L'esposizione è museale, con pannelli informativi che raccontano Chi fossero i samurai dal punto di vista storico..

Ma  questa impostazione viene quasi subito abbandonata, dando luogo ad una Mostra che riesce a mescolare con eleganza pezzi molto antichi e pregiati con i coloratissimi Robottoni anni ottanta, con i manga e gli anime che popolano i ricordi di noi quarantenni...


Già qui capiamo perchè non è un esposizione per bambini, il fenomeno dei Robot Giganti è prettamente degli anni ottanta/novanta.. i bambini ed i ragazzi di oggi non li conoscono, o li vivono in maniera tangente... mescolati ai vari BenTen/PeppaPig ed alla pletora di cartoni animati americani che hanno capitalizzato sulla strada aperta dai Giapponesi degli anni ottanta...

"Ai Nostri tempi" (mi vengono i brividi a scriverlo) i Robot erano I CARTONI ANIMATI e non ce n'erano altri...siamo cresciuti con Goldrake, Gundam, Harlock, Mazinga eccetera...erano colorati ed eroici, parlavano al nostro immaginario di bambini appassionati di soldatini e supereroi non ancora ipnotizzati dalle Consolle e dai Videogiochi...

Comunque la mostra prosegue esponendo Xilografie di Hokusai e Hiroshige (fra gli altri), Ukiyoe, maschere del Teatro No, pannelli  Waragi in legno dipinto, Shunga (disegni erotici ), Fotografie dell'ottocento, dipinti quadri.... un Tripudio di Giapponesitudine che un appassionato non può non apprezzare e che, alla fine lascia un impressione ben precisa.

Non avevamo capito nulla.

Intendiamoci, abbiamo sempre amato i cartoni animati, ma non abbiamo mai avuto gli strumenti culturali per comprendere ciò che i Giapponesi vedono chiaramente, cioè quanto profondamente nella cultura e nella storia giapponese affondassero le proprie radici questi cartoni animati.

Vedere fianco a fianco  armature antiche e i Robottoni, le stampe erotiche Shunga e Lamu', i leporelli di Hokusai e i Manga di Capitan Harlock...ci fa percepire esattamente quanto tutto questo sia strettamente e direttamente correlato. 

Come scrive  il mio amico e esperto di Storia e Cultura Giapponese Diego Donadoni :


" I "Robottoni" si comportano  in un modo che ha le sue radici  nell'antica Cultura  nipponica, ad esempio da bambini  ci chiedevamo perché tutti quanti declamassero a gran voce le proprie intenzioni, invece di farlo e basta (Goldrake che urla "alabarda spaziale", il famoso "attacco solare" di Daitarn, ecc. ) 

Ecco, nel periodo Edo sembra che i grandi spadaccini che si affrontavano in duello, proprio a dimostrazione della loro superiorità, comunicassero già all'inizio con che tecnica avrebbero vinto ... e già qui si comprende il perché di un comportamento per noi "assurdo" dei Robottoni. 

E vogliamo parlare delle pose "plastiche" di alcuni di loro (ti ricordi il lungo monologo del Daitarn 3 prima di iniziare a combattere e le pose che assumeva mentre lo faceva)? Semplice.
 Derivano dal teatro kabuki dove, nel movimento anche frenetico di alcune scene vivaci, il protagonista si "congela" in una posa esagerata nel culmine di un'azione o di una frase per far aumentare il pathos del pubblico...
MEGALOMAN
Maschere del Kabuki






ed io aggiungo, giusto per chiosare su quanto scritto da Diego, come non ricordare MEGALOMAN (メガロマン Megaroman) del 1979 e non metterlo in relazione con  le maschere del Teatro Kabuki?


Questi esempi sono esattamente ciò di cui parlo,  retaggi culturali che noi non riusciamo pienamente a comprendere a causa del diverso background...


 
Inoltre,percepiamo quanto questa cultura popolare anni ottanta, fosse in realtà diretta agli adulti e non ai bambini (come dicevo prima), proprio perchè nella cultura Giapponese anche l'erotismo ha una valenza completamente diversa, non ha l'aura di "peccato" e "colpa" che l'avvolge in Occidente.

Magica Lamu'

Insomma, guardavamo il prodotto finale completamente avulso dal suo contesto culturale, storico, sociale, guardavamo la chioma dell'albero senza vederne il tronco e le radici...

 


Naturalmente questa sensazione che mi è rimasta uscendo dalla mostra, mi ha fatto pensare alla mia pratica marziale...quando praticavo JuJitsu in una grande federazione, era tutto un gran parlare di Tecniche, usando la fantomatica frase "l'antica arte dei Samurai Giapponesi" per proporre un prodotto tecnico/sportivo, ma senza in realtà comprendere veramente quello che facevamo..

D "ma perchè afferriamo sempre il polso?"
R "perchè è la prima tecnica e serve ad apprendere altri principi"

D "ma perchè mi devo mettere in questa posizione?"
R "Perchè così la tecnica è più bella"

D "Ma perchè.."
R "Smettila, se Vai in giappone mica puoi fare tutte queste domande, pratica e basta!"

E alla Via così...
E parliamo di anche di maestri molto bravi..

Poi, per mia fortuna,  ho iniziato a studiare una scuola con vere tradizioni e radici antiche,  una scuola che ha una solida base ed un referente in Giappone, una vera Koryu (nel senso letterale del termine, cioè "Antica Trasmissione" più che in quello terminologico) e tutto si è fatto più chiaro.

Tutto, ogni tecnica, ogni movimento, ogni "rituale"  ha un suo senso ed una sua spiegazione, che magari non è Tecnica, ma Storica o culturale.

Esatto
Culturale
e qui vi volevo.

Dopo molto studio mi sono reso conto di quanto poco comprendiamo delle Arti Marziali se non cerchiamo di entrare almeno un pò nella storia, nella cultura, nella mentalità che le hanno generate.

Le Arti Marziali non sono nate avulse dal loro contesto, ma ne sono espressione esatta.. sono nate e si sono sviluppate in quel modo così particolare perchè il contesto storico/culturale le ha fatte evolvere in quel modo.

Se cerchiamo di comprendere questo, arriviamo a comprendere anche tutta una serie di particolari che prima percepivamo appena, o ignoravamo completamente...

Per esempio, notiamo quanto "terreno comune" ci sia sotto TUTTE le Arti giapponesi...
Nominatene una, ci saranno sempre affinità con il Jujutsu o il Kenjutsu...


Sumie, Haiga, Haiku, Ikebana, Chanoyu, Origami, Shiatsu, Jujutsu, Kenjutsu, Shurikenjutsu, Hojojutsu, kyujutsu (e un sacco di altre parole giapponesi a caso)...

Tutte, tutte hanno dei principi che le legano l'uno all'altra.. magari anche solo l'atteggiamento mentale da raggiungere per praticarle correttamente.. 

Nell'Ikebana (l'arte di disporre i fiori)  esiste, come nel Jujutsu, il concetto di Kuzushi (rottura dell'equilibrio), per esempio..

Nel Sumi-e (la pittura su carta di riso) e nell'Haiku (la poesia breve) sono prepotenti i concetti di Vuoto/Pieno che si possono riscontrare nel Jujutsu o nel Kenjutsu.

Allo stesso modo, molte tecniche di Jujutsu hanno nomi che permettono di vedere le tecniche in modi diversi, quindi conoscere il Kanji relativo al termine, capirne il significato o la derivazione, aiutano non poco a conoscere la tecnica stessa.


Questo non significa  che uno debba studiare chissa' che cosa, semplicemente inviterei i praticanti di arti Marziali a cercare di comprendere un pò di più che cosa stanno studiando, da dove è venuto e in quale fertilissimo Humus si è evoluto.

Questo potrà solo arricchire il Marzialista, l'Uomo e, sopratutto, renderà la sua pratica più profonda e consapevole.












martedì 21 ottobre 2014

LA PRATICA NON NECESSARIAMENTE RENDE PERFETTI



Ancora una volta sono a tradurre un testo di Wayne Muromoto Sensei, tratto dal suo Blog "Classic Budoka", in questo caso si tratta di un testo che si ricollega in parte a quanto scritto da me in un altro post che potete trovare qui :  "cosi' bravi da sembrare  magia" ,
Sono perfettamente daccordo con quanto scritto da Muromoto Sensei, e trovo rassicurante e piacevole che quando mi interrogo sulla mia pratica, andando a rovistare nei vecchi articoli scritti da lui, io riesca a trovare una risposta o un intuizione che mi aiuta ad andare avanti.

In più è assolutamente chiaro che, sebbene Muromoto Sensei si riferisca all'arte dello Iaijutsu, le sue considerazioni si possono estendere alla pratica di qualunque scuola tradizionale  (Koryu) il cui studio si basi sui Kata.

Distribuiro' questo testo ai miei allievi, sapendo che vedranno ciò che ci vedo io.


come sempre, vi invito a commentare o a comunicarmi i vostri pensieri, ogni commento o discussione che nasce da questo blog concorre a rendermi migliore.




il testo originale potete trovarlo qui:

LA PRATICA NON NECESSARIAMENTE RENDE PERFETTI



103. Practice Does Not Necessarily Make Perfect


October 17, 2013
 (nota: Inizialmente questa nota era indirizzata ai miei allievi prima di un allenamento nello iai)

Una Nota sull’allenamento:

Ultimamente ci siamo focalizzati sulle Basi, ripassando le forme in seiza del livello shoden molte e molte volte.

C’è un ragione per questo, non sono soddisfatto delle nostre basi.
In tutte le arti di combattimento asiatiche c’è una forte enfasi sul raggiungere una particolare perizia nella ripetizione di forme (kata), ma in nessuna quanto nello iai.
Siccome nello Iai non esistono competizioni e gare che pongano uno contro l’altro due praticanti (sebbene qualche organizzazione giapponese ne abbia istituito qualcuna nell’ultimo periodo), l’unico modo per valutare la capacità è attraverso la perfezione della forma.
 
L’enfasi su questo punto è divenuta tale che perfino i più appassionati di Koryu ammetteranno che guardare lo Iaido è eccitante tanto quanto guardare  l’erba crescere  o la vernice asciugarsi perché, alla fine, è solo praticare la stessa Forma innumerevoli volte..

Comunque questa è proprio la ragione per cui enfatizzo tanto il lavoro sulle basi di tutti noi, me compreso, perché la Forma corretta è ESTREMAMENTE importante nello IAI.

Quando si studia una particolare Ryu o Ryuha si sta praticamente cercando di raggiungere un livello adeguato di “forma”, la quale indica che si è in linea con un certo modo di eseguire un Kata, cioè una sequenza di movimenti concatenati. Ci sono  variazioni fra un Dojo ed un altro, e da un insegnante all’altro, ma  esistono dei punti fermi che dichiarano che “ci sei” o meno, puo’ essere il timing, può essere l’angolo del Chiburi o quello del taglio della spada.. e questo è già un passo oltre la semplice ripetizione di ogni singolo gradino della procedura.. questo è la lucidatura dei gradini e l’instillare in essi il modo particolare con cui TU ti muovi con la spada in mano.

Quando inizi ad “esserci”, il tuo lavoro con la spada inizia ad  assumere una vera personalità.. la tua, naturalmente, ma anche quella del Ryu che stai praticando. Questo bilanciamento, questa tensione fra il carattere dell’individuo e le caratteristiche della scuola è il più complesso e duro da raggiungere da principiante.

Quando si inizia lo Iai tutto sembra casuale ed arbitrario, ma quando si progredisce e si osservano altre Ryu si arriva a realizzare che ci sono ragioni implicite per cui le cose vanno fatte in un certo modo e perché in altre scuole lo fanno in modo differente, si inizia ad afferrare le differenze in timing, tecnica e Kamae (atteggiamento-postura)) mentale.

Quello che avete cercato di fare praticando per mesi, è stato cercare di rompere il blocco mentale, in qualche modo interiorizzando la sensibilità del Ryu nella vostra, e di ricondurre quello che il vostro corpo e la vostra mente sembrano volere ai metodi del Ryu.

Magari vi viene da piegare le spalle, o di lasciarle ciondolare, perché è la postura che avete avuto per tutta la vita, o il vostro corpo cerca di usare la forza delle spalle e delle braccia invece che quella dei fianchi. Dovete scientemente, mentalmente obbligarvi ad eseguire le correzioni. D’altra parte dovete anche eseguire le connessioni col vostro corpo, forzandolo a muoversi in un certo modo quando pratica il kata. E ci saranno  vecchie abitudini nel vostro corpo che dovrete spezzare.


Dovete vedere quello che va fatto, interiorizzare il concetto nella vostra mente ma dopo dovete trasferire questo movimento al corpo ed un sacco di cose possono incasinare questo apparentemente semplice processo
Lo studio di un KORYU è praticamente solo questo: rompere le proprie abitudini e cercare di istituirne di nuove e, si spera,  migliori. Di certo non succede in una notte, ci vogliono anni di allenamento, ma l’allenamento senza attenzione o autocorrezione non serve a migliorare. State semplicemente rinforzando le cattive abitudini e rendendole più difficili da spezzare.

Mi pare fosse stato il leggendario allenatore di calcio Vince Lombardi che disse “La pratica non rende perfetti, solo la pratica perfetta rende perfetti”

Quello che intendeva che, sebbene possiate mettere un sacco di tempo e sforzo nel’allenamento, se vi state allenando nel modo sbagliato non migliorerete, sarete solo migliori a fare cose sbagliate.

Pertanto per poter apprendere dall’allenamento dovrete essere coscienti dei vostri errori e cercare di correggervi, cercando di ripetere sempre il kata senza essere mai contenti di come lo state facendo, considerandolo da ogni angolo, correggendo ogni piccolo errore cercando di raggiungere il modello di kata mostratovi dai vostri sempai e sensei.

 Perfino i migliori insegnanti che ho conosciuto non erano mai soddisfatti dei propri kata, dicevano “Mada Mada” (non ancora, non ancora), cercando continuamente di raffinare le proprie abilità. Uomini e donne che erano Superbi praticanti della loro arte, eppure mai soddisfatti, e questa insoddisfazione era ciò che permetteva loro di eccellere

Non mi sento adeguato nelle mie abilità, ma ogni volta che pratico un kata cerco di migliorarlo.. devo spostare il filo della lama un pelo più in alto o più in basso? Sto usando troppo braccio destro in questo taglio, e non sufficiente sinistro? Mi sto piegando troppo in avanti? Cerco di ricordare ciò che mi dicevano i miei Maestri, e di lavorare sui loro consigli, ancora ed ancora ed ancora.


Infine, ritornate sul vostro approccio mentale. Dovete sviluppare la capacità di auto valutarvi, dovete capire e vedere chiaramente se state facendo le cose in modo corretto. Dovete domare il vostro corpo ed il vostro ego cosicchè non si pongano fra voi ed una sincera ed onesta autovalutazione.

Ricordate che il secondo kata dell Takeuchi-ryu Kogusoku è chiamato “Sumashi Miru”, cioè “Vedere Chiaramente”, ono Sensei una volta mi disse che non solo descriveva la tecnica del kata (cioè guardare diritto al nemico e sfidare mentalmente la sua aggressione) ma serve anche ad insegnare un importante Heiho (strategia militare)  della scuola : Dovrete essere capaci di leggere la situazione con chiarezza, senza i paraocchi dell’ego, della paura e del dubbio.

Avanzando in un Koryu dovrete avere ben chiaro cosa vi serve per migliorare il vostro allenamento e lavorarci ad ogni sessione di pratica,

Un insegnante può guidarvi sulla strada, ma non potrà portarvi fino alla fine, egli è solo una guida che vi punta nella direzione corretta. Sta a voi camminare su quel sentiero ed arrivare alla destinazione voi stessi.
Il lavoro duro, dovrete farlo da soli, come in qualunque altro aspetto della vita.

venerdì 26 settembre 2014

Commento al post precedente

Commento al post precedente:

Il M°  Germano mi ha mandato questo commento al mio ultimo Post su "Du Braccia e Du gambe" che potete trovare qui,

non potendolo pubblicare nei commenti perchè troppo lungo, lo aggiungo in questo post, perchè possa essere usufruito da tutti:

(per chi non conoscesse il m° Germano, potete trovare il suo curriculum qui: GARYUAN DOJO

Scrive il M° Germano

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Come sempre interessantissimo e ricco di spunti.
 Mi piace talmente tanto l’argomento che, volentieri espongo la mia idea ringraziandoti. 

Per la mia esperienza concordo e dissento con quanto dici e cercherò di esprimere la mia opinione più brevemente possibile sperando di non dire tediose banalità. Vedo le arti marziali come “strumenti” nelle mani dell’”uomo”.
 Mio padre è un falegname, come tanti. Anche loro hanno tutti in comune “du braccia e du gambe”

quando iniziano la loro carriera e “du braccia e du gambe” quando la terminano. Tutti loro da apprendisti in bottega non conoscono il loro mestiere ed hanno a disposizione tutti gli stessi “strumenti” di base: pialla, chiodi, martello.... , ma non li sanno usare. 
Poi, con percorsi diversi, iniziano ad utilizzarli in modo diverso in relazione alla loro “passione per il legno e per il loro mestiere”: qualcuno costruisce finestre ed utilizza solo macchinari particolari, qualcuno restaura mobili antichi e rimane ad utilizzare martello e chiodi, qualcun altro inizia a costruire mobili a livello industriale ed entrando in fabbrica aderisce alla catena di montaggio. 

Tra di loro qualcuno, fortunato, impara il mestiere in maniera ampia e, dopo aver approfondito gli aspetti di molti processi produttivi, in uno stato avanzato della propria carriera è capace di costruire mobili, di realizzare porte e finestre, o di restaurare il legno antico. Mio padre, dopo 60 anni di lavoro, è uno di questi. Ha due braccia e due gambe, ma lui non è soltanto “capace di lavorare il legno”. A casa mia il “legno”, nella sua semplicità ed economicità, si respira in ogni angolo. Oltre ai mobili, ovviamente, di legno è la tavoletta del water, il lampadario, o addirittura il manico restaurato, perché si era rotto, delle forbici trinciapollo. Parlando però con altri falegnami anziani, a prescindere dalla loro specializzazione, ho sempre notato che, come mio padre, tutti loro aveva di gran lunga superato la fase della passione, del lavoro o dello strumento. Tutti parlano del legno come fosse il loro elemento naturale e questo è ciò che io intendo per “Maestria”. 

Osservando e chiacchierando con gli anziani, io sono Molisano e spesso, nella mia terra, ho la fortuna di farlo, è sempre possibile scovare nelle loro vite una “saggezza” ed una “maestria” che, anche con percorsi diversi, li accomuna tutti. 

Come mai? Io vedo i “percorsi marziali”, come le arti degli artigiani, distribuiti su di una sfera. 
Tutti partiamo dalla base comune che è rappresentata da un solo punto ed in quel momento, ovviamente, la nostra inesperienza ci rende tutti uguali. Di li inizia il nostro percorso che seguiamo, ognuno a modo suo, con le nostre due braccia e due gambe. Qualcuno inizia a girovagare senza sosta saltando da uno stile all’altro ed in questa maniera, convinto di imparare tante cose diverse, impiega il suo tempo a ruotare intorno alla base della sfera, contento ed appagato così. Qualcun altro punta deciso verso l’equatore e quindi lo raggiunge in maniera più rapida, ma in questo modo pian piano si convince che le sue due braccia e due gambe posano essere utilizzate soltanto in una maniera ed il suo martello, per tornare al falegname, potrà essere utilizzato soltanto per battere i chiodi, ovviamente con molta abilità. 

Non voglio giudicare perché ognuno segue onorevolmente il proprio percorso diverso dagli altri. Voglio soltanto dire che dal mio punto di vista questo è soltanto il “primo approccio all’arte marziale”. 

Nel paragone con la sfera, è il cammino verso “l’equatore” dove ognuno di noi è alla ricerca dell’”efficacia”, ovvero del modo migliore “pe menà”. 

In altre parole il discorso “ja da menà” (si scrive con la “J” e si pronuncia “ya”. Per favore, Loris, attenzione all’uso della terminologia corretta ) secondo me è necessario e giustificabile finché siamo dei “principianti in cammino verso l’equatore della nostra sfera” . 

Penso però che il vero cammino delle arti marziali inizi proprio quando, passato l’equatore (beato chi ci arriva) iniziamo la dura scalata verso il “polo nord”. Qui le differenze tra i vari “strumenti” che utilizziamo come praticanti si assottigliano sempre di più e, mentre sull’equatore le distanze formali tra due discipline marziali sembrano incolmabili, a mano a mano che ci avviciniamo al polo nord queste si riducono incredibilmente, ma non perché cambino le arti marziali: chi cambia è il praticante con le sue due braccia, le sue due gambe, ma soprattutto la sua testa ed il suo cuore. Io, come molti, ho la fortuna di avere Maestri eccezionali, e tutti, ripeto tutti, pur insegnando discipline formalmente diverse, ripetono incessantemente gli stessi concetti.

 Un esempio che tutti noi conosciamo, apprezziamo ed amiamo: la Maestra Wakabayashi. Notate forse differenza tra il suo Aikido, Judo, Ju jutsu, Ken Jutsu, Jo Jutsu, Nainata Jutsu, Batto do? Io, purtroppo, l’unica differenza che noto è che le mie due braccia e due gambe, purtroppo, credo non somiglieranno mai alle sue ! 
Cosa siano e come interpretare le arti marziali credo sia legato al livello di pratica di ognuno. E’ impossibile generalizzare. Come praticanti, e per qualcuno, come insegnanti noi dobbiamo soltanto fare attenzione a trasmettere “coerentemente” e “correttamente” lo “strumento” che i nostri Maestri ci hanno consegnato .

Questo meraviglioso “strumento” è ricco di una esperienza che attraversa generazioni e per quanto noi si possa essere abili, non potremmo mai essere all’altezza di stravolgere, migliorandolo, il messaggio che decine di insegnanti, prima di noi, ci hanno consegnato. Sintetizzo il mio pensiero parafrasando un’idea che permea la Katayama Ryu, scuola cui appartengo. 

Il concetto “ja da menà” che permea la fase iniziale di “apprendimento funzionale ed efficace” del principiante di arti maziali e senza del quale le arti marziali, credo, perderebbero una grossa parte della loro utilità può essere più elegantemente espresso traducendo il termine “bu jutsu” con “l’arte di fermare le armi”.

 Il concetto avanzato della pratica delle arti marziali che, acquisita la tecnica, dovrebbe ispirare il cammino di tutti noi praticanti nel tentativo di “raggiungere il polo Nord” può essere espresso traducendo in modo diverso lo stesso termine “bu jutsu”: “l’arte di fermare le armi”. Per tutte queste ragioni, a mio avviso, le Arti Marziali sono tutte diverse e tutte uguali tra di loro. “Il bu jutsu è uno, l’essere umano è lo stesso. Le vie sono molte, ma il punto di partenza ed il punto di arrivo coincidono.” Forse è una banalità, ma credo fermamente in questo. Me lo ha insegnato mio padre, anche se non ha mai praticato le Arti Marziali . Grazie Maurizio

giovedì 25 settembre 2014

Du gambe e Du braccia


Disclaimer: sto post farà incazzare un sacco di gente, naturalmente è la mia opinione e quindi non condivisibile, sentitevi liberi di commentare od insultarmi... o di discutere con me in maniera civile. Non ho paura di cambiare idea se accorgo di sbagliarmi.


"DU GAMBE E DU BRACCIA CIA L'UOMO, SEMPRE QUELLE SO' LE COSE"


normalmente questa frase viene detta mentre stai facendo vedere qualche tecnica o posizione o principio ad un altro praticante, o magari ne stai solo parlando.
Che naturalmente Lui ha già provato tutto.
Ha fatto due mesi di Taichi, ha fatto una lezione di Aikido con un suo amico che spacca i culi, si è rotolato sul tatami con un tizio che faceva Brasilian  ed ha insegnato a Machado qualche trucco nuovo, ed ora insegna Giugizzu.
pure lui.
che tanto tutto è uguale.
e pure se segue una scuola tradizionale, ci deve mettere dentro il Taichi che "tanto serve un sacco".

e tu, che metti tutto te stesso nel cercare di apprendere al meglio delle tue possibilità una sola scuola, un solo stile, e che ti rendi conto di quanto profondamente diverso possa essere da altre scuole ed altri stili nelle sfumature, nel gusto, nelle minime posizioni.
Tu, dentro di te
Ti incazzi.
come una bestia

però fai finta di nulla, sorridi gentile, e dici "effettivamente..."
perchè alla fine sei stanco di dover spiegare le cose a chi non ascolta.


perchè lo sai che alla fine, se ti ci metterai di buzzo buono a cercare di spiegargli il tuo punto di vista, quello che gli farai vedere saranno "bazzecole, quisquilie, pinzillacchere", perchè a Lui interessa solo "l'efficacia" e  che "la robba funzioni".

Non gli interessa un cazzo che quello che gli fai vedere abbia una spiegazione, che funzioni (magari anche solo in un certo contesto) con i suoi SE ed i suoi MA.
Non gli interessa che quelli che fai tu sia una ricerca dentro di te e dentro una scuola Antica, per cercare di comprendere quello che i vecchi Sensei cercavano di trasmettere a TE, che sei l'ultimo infimo anello di una catena.

No.. non gli interessa nulla.
tranne poi, magari, vederlo insegnare quello che tu gli hai fatto vedere a qualcun altro, sbagliato, con posizioni ridicole e magari spacciandolo pure per roba sua.
Dando spiegazioni ampollose su qualcosa che non ha compreso, cercando di torcere la realtà perchè si adatti a quello che lui ha capito.. invece di cercare di capire la realtà.

basta.
basta con sta roba del "tanto ciabbiamo Du braccia e Du gambe"
questa affermazione è vera.
ma è come dire "na bistecca e na scarpa de pelle sempre vacca sono"
un ovvietà..
ma non per questo sono la stessa cosa..
non sono interscambiabili..

quindi ora dirò la mia, ampollosa e pretenziosa, idea sullo studio delle arti marziali.
fatevene una ragione..
qualcuno mi darà del coglione, qualcuno mi dirà che ho ragione, qualcuno si incazzerà magari.
amen

Le arti marziali non sono tutte uguali.

la maggior parte delle arti marziali sono PROFONDAMENTE diverse l'una dall'altra.
Le arti marziali Cinesi, ad esempio,  sono molto diverse da quelle Giapponesi.
Ed anche fra Arti Giapponesi ed Arti Giapponesi esistono spesso molte differenze.

nonostante si possano trovare delle similitudini superficiali, il "sentimento" dentro l'arte è diverso.
studiando queste arti ci si può accorgere che la parte più Omote, più visibile ed esposta, può essere simile.
Studiando più profondamente, potremo accorgerci che, nella loro forma più raffinata e pura, proprio nella loro ESSENZA, arti diverse possono avere incredibili similitidini.
Ma il totale di questo studio, di queste cose, le rende molto differenti.

metafora:
Un cavallo ed un cane sono uguali?

sono la stessa cosa? 
sono intercambiabili?
entrambi sono quadrupedi, hanno colorazioni simili, sono intelligenti, hanno gli stessi organi interni disposti nella stessa posizione..
ma non sono la stessa cosa
non sono intercambiabili.
hanno caratteri diversi
abitudini diverse
sono ANIMALI diversi..
certo, cianno quattrozampe e na coda..
ma sono MOLTO differenti..


ora vado più in dettaglio:

Le scuole di Jujutsu non sono tutte uguali
Sebbene abbiano magari molte similitudini, ogni scuola è diversa dall'altra.
Altrimenti esisterebbe una sola scuola.
Esistono sicuramente dei principi comuni a molte o tutte, ma ogni scuola ha un suo retrogusto ed una sua personalità.
se si vuole capire questo retrogusto, capire l'essenza  della scuola, si deve cercare strenuamente di vuotare quella cazzo di coppa e non aggiungere nulla, cercando di capire quello che la scuola sta cercando di insegnare senza filtrarla attraverso esperienze e preconcetti.
Un Esperto, un Maestro, avrà magari l'esperienza per poter discernere e razionalizzare, capire le similitudini e le differenze.
Ma stiamo parlando di una persona che è arrivata ad un certo livello (elevato) di una scuola ed ha l'esperienza e la competenza per poter studiare più scuole e mantenerle separate.

esempio pratico:
io pratico un Ramo della Hontai Takagi Yoshin ryu ..
inizialmente mi sembrava che quello che stavo imparando fosse semplicemente una diversa sequenza di kata rispetto alla linea principale...
continuavo a studiare i Kata di Hontai e, insieme, quelli di Moto-Ha.
tanto le tecniche "erano le stesse o quasi."
Quando ho deciso di abbandonare l'hontai completamente e studiare approfonditamente solo il Moto-Ha-Yoshin-ryu, ho iniziato a rendermi conto delle piccole differenze che le contraddistinguono..Ho iniziato a capire cosa Soke Yasumoto volesse cercare di insegnare con la sua scuola...
è stato illuminante.
Ho iniziato a comprendere le differenze (minuscole ma significative) fra le due scuole..e contemporaneamente ho iniziato apprezzarle ENTRAMBE.. ad ammirare le differenze tecniche, come se dal pendio di una montagna potessi guardare il pendio di un altra..
vette differenti, stesso spirito.


Ho percepito quanto possano essere uguali e dissimili, affini e pur difformi.
e non avrei mai potuto capirlo se non mi fossi focalizzato su una sola di esse, ma avessi continuato a praticare entrambe con lo spirito del "du gambe e du braccia".
Lo so che  studiare una sola scuola vuol dire fare un piccolo bagno di umiltà, fidarsi totalmente  di un insegnante e, sopratutto, impegnarsi.
ma è un piccolo prezzo da pagare, secondo me, per ciò che cui viene insegnato.

Quindi, e qui si vene al punto.
Se un marzialista con un pò di  pratica può trovare una differenza sostanziale fra due scuole che hanno la stessa identica radice come Hontai e Moto Ha, non credete che ci possano essere differenze più macroscopiche fra arti marziali differenti?

E dove sono queste differenze se "tutti cianno du braccia e du gambe"?

Bè, le differenze si trovano nell'ambito in cui si sono evolute, il background culturale, storico, nel modo di vestire, nello scopo che hanno, nell'idea che hanno alla base.

Possono esserci Arti che sembrano molto  simili, ma che hanno una base tanto differente da renderle incompatibili, come esserci Arti che sembrano totalmente differenti, ma che hanno alla base tanti  principi comuni, da essere perfettamente integrabili.

Partendo dal presupposto che tutte le Arti marziali sono partite dal concetto base di "Ie devi Menà (tm) ", alcune arti lo hanno superato per arrivare al "Iedevi volè bbene", altre hanno svuluppato metodi propri per il concetto di "menare", altre ancora si concentrano sulla crescita dell'individuo che deve menare, altre si sono evolute in un "ciai da stabbene Te" ed alcune pensano che "mena' nun è abbastanza".

Un patrimonio incredibile di diverse idee, concetti, principi che non possono essere unite sotto la semplicistica visione del "ie devi menà".

dire "tutte le arti marziali sono uguali", equivale a dire "tutti gli uomini sono uguali".. che può essere un principio etico condivisibile, ma è tecnicamente falso.
In quanto ci sono persone alte e basse, magre e grasse, intelligenti e stupide, calve o capellone, con soglie del dolore differenti, destrimani o mancini. Con caratteri, storie, culture anche TOTALMENTE dfifferenti.
non esistono due persone uguali al mondo.
 



Comprendo, naturalmente, che alla fine è solo questione di scelte personali ...perchè in fondo esistono Maestri onesti (con se stessi innanzitutto) che studiano coscientemente due arti insieme, magari anche complementari .. ma hanno la coscienza di cercare di non mescolarle. O hanno la capacità invidiabile di svuotare la coppa quando passano dall'una all'altra.
Ma, imho, si possono contare sulle dita di un falegname.. 

arriviamo, alla fine, sempre alle stesso conclusioni.
La differenza la fa l'onestà intellettuale del praticante.

dici niente.


NB
AGGIUNTA FINALE:
il Maestro Maurizio Germano è stato così gentile da rispondere a questo Post inviandomi una mail molto articolata, l'ho pubblicata QUI perchè potesse essere vista da tutti.
Ottimo Food for thoughts