sabato 24 agosto 2013

C'e KATA e KATA

c'è,kata e kata, e kata, e kata. Il livello che a me piace di più è il combattimento.
Sicuri di avere interiorizzato la tecnica, nella enorme libertà che il kata codificato purtuttavia permette, si combatte con l'avversario.
Da fuori uno spettatore ignaro o disattento vede un kata, in cui forse percepisce una strana forza ed una "verità".
Tra i due vi è una perfetta consapevolezza di chi sta vincendo e di chi sta perdendo.
Ad un livello superiore, mantenendo il "combattimento" vi è "unione" perchè entrambi collaborano a rendere questa cosa che si sta svolgendo memorabile."
C. Regoli


Qualcosa che non avevo ancora focalizzato del tutto, ma che mi perseguitava da tempo, era la differenza che notavo guardando l'esecuzione di tecniche e Kata effettuate da Maestri e praticanti esperti, in contrapposizione a quelli eseguiti da praticanti meno esperti.
Questa differenza così netta, non mi sembrava data dalla differenza tecnica.. ma piuttosto dalla diversa intensità con cui veniva espressa la tecnica...

cerco di spiegarmi meglio:

cos'è che rende così differente il kata praticato in questo video da due Budoka d'eccezione:



da, per esempio, questo video?


[NB Non sto giudicando i due ragazzi.. sono gradi kyu e stanno eseguendo al meglio della loro esperienza le tecniche del kata]

Chiaramente una parte della differenza è dovuta all'abisso tecnico che esiste fra i massimi esponenti della scuola (Hontai Yoshin ryu in questo caso) ed i suoi praticanti alle prime armi o quasi...ma ritengo che non sia soltanto questo...
anzi..
non giudico per nulla  il livello tecnico in questo caso....
ma allora?

Come sempre, parlare con gli esperti aiuta a trovare la chiave di lettura..
Quindi  ho contattato il mio spacciatore di Giapponesità di fiducia (si Diego, parlo di te...) ed ho parlato di questa cosa..

la prima cosa su cui abbiamo concordato è che nel primo video si avverte distintamente la loro "presenza", la loro attenzione, la loro totale focalizzazione sull'avversario.

Zanshin 
che Diego descrive come " composto da ZAN (lasciare, far rimanere) e SHIN (mente, cuore, spirito). Letteralmente è la "mente che rimane, lasciata sul posto" ... ovvero quella presenza mentale continua fino a quando il pericolo non viene considerato debellato."

 ecco...

Molto spesso Zanshin viene tradotto semplicemente come (parafrasando) "guarda l'avversario fino alla fine e controlla che non ci siano suoi amici pronti ad attaccarti".. in realtà è molto di più di questo...
è essere sempre presenti e concentrati..continuare ad esercitare "pressione" sull'avversario.. essere cioè coscienti che il pericolo non è passato..E' mantenere letteralmente il nostro spirito, inteso proprio nel senso giapponese di "tutto se stesso", concentrato sul QUI ED ORA..

E' uno stato mentale/spirituale che si rivela non solo nell'essere "concentrati" su qualcosa nel senso occidentale del termine.. anzi, forse è proprio il contrario... Nello Zanshin lo spirito è aperto alla situazione, pronto, consapevole e quindi nella posizione più adatta per poter visualizzare/riconoscere la situazione e quindi Reagire ad essa.
 

In Zanshin  non è più la mente pensante (che è per sua natura lenta proprio perchè filtrata dalla coscienza) a "vedere" ma è tutto lo spirito (Shin), che assorbe le informazioni dall'ambiente e le elabora istantaneamente in una risposta.

Tale risposta è generata da quegli automatismi che sono stati appresi dal corpo durante le ripetizioni continue dei movimenti corretti , cioè proprio dai Kata.

 Con la pratica, lo Zanshin diviene uno stato naturale, che non viene "acceso o spento".. e dovrebbe entrare a far parte del modo di essere di una persona..dentro e fuori dal Dojo.


Ecco, questa cosa è una delle caratteristiche che rendono un Kata "memorabile" (usando le parole del M° Regoli), che ce ne fanno percepire la sincerità.

(Per approfondire ulteriormente sul significato di Zanshin consiglio la lettura del blog del seishin Dojo, del M° Caprino  http://seishin-dojo.weebly.com/1/post/2013/01/zanshin.html)


Non solo...
ma nel corso delle mie scorribande sul web, sono incappato in un altro termine che illumina un'altra sfaccettatura ..

il termine è  
Kimochi (気持)
che sempre il buon Diego, spiega come " Kimochi è composto dal kanji KI (energia vitale) e MOCHI (possedere, avere), quindi letteralmente è "la vitalità che si ha" e che noi traduciamo con "stato d'animo". Riflette ideologie taoiste sul KI nel corpo umano. Un pò come il nostro "essere di buon UMORE". "umore" in italiano è un elemento liquido, che si rifà alle visioni medievali che pensavano che avessimo dei liquidi, "umori", che circolando nel corpo ci ammalavano o ci rendevano felici."

Per estensione, questo termine viene utilizzato anche nelle arti marziali, intendendo proprio lo stato d'animo, l'atteggiamento che si percepisce guardando questi praticanti esperti..
La sensazione che la pratica sia Reale, intensa.. Guardandoli praticare si avverte proprio questa loro energia vitale.. 
questo essere "Qui ed Ora".. questa loro "presenza sul tatami"..

Un praticante di lunga esperienza, parlando proprio di questa sensazione ricevuta guardando gli allievi di un vecchio Maestro,  ha scritto


" [..]Moreover, and this is subjective, when I see their waza, it is as if they are going through memorized movement sequences. I do not get the feeling that they are DOING IT, i.e., as if they were really trying to use the techniques. [..] There is a big difference in their kimochi!"
(R. Ebert)

tradotto per i non anglofoni:
 "in più, ma questo è soggettivo, quando vedo il loro Waza (tecnica), è come se stessero compiendo delle sequenze di movimenti imparati a memoria. Non ho la sensazione che lo STIANO FACENDO, cioè come se stiano cercando veramente di applicare le tecniche.  C'è una grande differenza nel loro Kimochi"


Ecco quindi, in poche parole, quello che sentivo ma non vedevo...
non è la capacità tecnica, non è la correttezza della tecnica in se e per se..

Un kata può essere eccezionale, anche se ci sono delle tecniche sbagliate...
ciò che fa veramente la differenza  sono l'atteggiamento, lo spirito, la presenza, l'intensità..

Ed ecco spiegata anche la ragione per cui, spesso, vediamo dei Kata o delle tecniche eseguiti (anche da maestri che si reputano ad altissimi livelli) in un modo che "sentiamo" esattamente essere sbagliato...Pur non essendo in grado di giudicarne la tecnica  (perchè  non è la nostra scuola o non abbiamo i parametri per giudicarla) comprendiamo che c'è qualcosa di profondamente sbagliato, di fasullo.. 
E' semplicemente il Kimochi che è sbagliato.. lo stato d'animo, l'umore di chi esegue la tecnica.

Perchè se chi esegue la tecnica non ritiene di poter essere "ferito" o "colpito" realmente, non esegue la tecnica con lo scopo preciso di difendere la propria vita, allora anche la sua risposta sarà fasulla e non avrà il giusto spirito..mancherà del giusto "stato d'animo" e quindi verrà percepita, perfino dal neofita o dallo spettatore, come "sbagliata"..
  
 

 Ecco...
Queste sono, a mio avviso, due delle Qualità che rendono un Kata "memorabile", come ama definirlo il M° Regoli.
Naturalmente non penso minimamente di aver esaurito l'argomento, ma di aver solo scalfitto la patina superficiale di un argomento piuttosto interessante..
Aspetto le Vostre valutazioni e i vostri commenti per aggiungere o correggere quanto ho scritto..


2 commenti:

  1. Ringraziando pe la citazione, vorrei lasciare un ricordo: un giorno, all'unico raduno del Budokuki che si fece in Italia, eseguii il Kendo no kata, ed un otavo dan eseguì lo stesso kata. Il mastre Re che assisteva, mi disse: ho capito. Il tuo kata è bello pe quello che fai, il suo è bello per quello che non fa" intendendo le pause piene di zanshin ( presenza).
    Kimochi si intende anche come intesa con il compagno. Kimochi è quella comprensione che avviene istantaneamente tra maestro e allievo.
    Un giorno il Buddha chiese ai suoi migliori allievi di esprimere il suo insegnamento per poter scegliere il proprio successore. Tutti fecero delle dotte citazioni, ma il suo migliore allievo( di cui al momento mi sfugge il nome) colse un fiore, lo annusò e sorrise. Questo è kimochi.
    Grazie per la considerazione
    Claudio Regoli

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  2. se e' vero che Maestro non e' colui che insegna ma colui che ispira..sono felice di chiamarLa Maestro.

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