mercoledì 19 dicembre 2012

IL GATTO



Il pensiero di oggi deriva da uno scritto postato dal Maestro Regoli su Facebook


"IL GATTO DA MEDITAZIONE
L'abate di un monastero Zen aveva una sola debolezza: un gatto che, sicuro dell'affetto del padrone, era il vero padrone del monastero.
Il gatto soleva passeggiare perfino nella sala di meditazione mentre i monaci la occupavano,e, strusciandosi e camminando vicino a loro ne turbava la concentrazione.
L'abate prese allora l'abitudine, prima della pratica della meditazione, di legare il gatto davanti alla porta della sala.
Passò il tempo, legare il gatto divenne un'abitudine a cui nessuno faceva più caso.
Poi, un giorno , l'abate morì, ed il suo successore provvedeva a legare il gatto al momento giusto.Poi morì il gatto, ed il successore dell'abate mandò subito a comprare un altro gatto, in modo da poterlo legare prima della meditazione"

Questo piccolo racconto invita a riflettere su come molto spesso, sopratutto nell'ambiente delle arti marziali, alcune cose non siano tramandate per una reale necessita' o per una reale conoscenza... ma solo per abitudine.

Molto stranamente e nella mia esperienza (sottolineo, MIA) questo atteggiamento l'ho trovato molto di più in alcune scuole moderne di Jujitsu che in quelle tradizionali che ho conosciuto.

Nelle scuole tradizionali che ho avuto modo di conoscere un pochino più approfonditamente (Hontai Yoshin ryu, Moto Ha Yoshin Ryu, Daito Ryu) non esiste nulla che viene fatto solo "perchè è cosi'" O "perchè è più bello", ma tutto ha una ragione precisa...

Tutti i movimenti che vengono fatti, le posture, le posizioni, gli spostamenti hanno una loro funzione precisa.. che può essere magari desueta o arcaica (in fondo non c'è pericolo che un uomo al giorno d'oggi, ad esempio, estragga un Katana) ma hanno una loro ragione  d'esistere che può essere tecnica, pratica o anche "solo" storica.. ma esiste SEMPRE una ragione.
Naturalmente capita a volte che  non si riesca subito a capirla od intuirla, questa ragione, ... ma studiando, praticando  e chiedendo, alla fine questa si presenta palese agli occhi.

Diversamente mi e' capitato nelle diverse scuole moderne di Jujitsu che ho potuto praticare negli anni, che alcuni movimenti venissero fatti perchè " così è piu' bello" o "non so perchè, ma si fa così" ...
Spesso vengono insegnate tecniche che hanno veramente poco di "realistico" o pragmatico.. ma che allo stesso tempo NON hanno la "scusante" di essere insegnate per una ragione storica.

Spesso queste tecniche vengono insegnate con delle false aspettative, "se fanno parte di un sistema "moderno" vuol dire che hanno una ragione pratica".. quando in realtà molto spesso nei sistemi Moderni è più facile che siano stati introdotti elementi puramente estetici...


D'altra parte è proprio per questa diversa profondità che ho scelto, alcuni anni orsono, di iniziare lo studio di una scuola di Jujutsu tradizionale...Abbandonando il percorso che il mio maestro di allora aveva tracciato per me ed andando a cercarmi  un nuovo Maestro che fosse in grado di soddisfare la mia sete di risposte.

Proprio per questa profondità, per questa attenzione al trasmettere la conoscenza in modo corretto, le scuole tradizionali possono essere considerate VIVE...
perchè sebbene continuino a tramandare conoscenze che possono essere desuete, arcaiche, apparentemente inutili, cercano comunque di essere oneste nella trasmissione.

Un esempio per tutti:

in un recente stage di Daito Ryu Aikijujutsu, branca Seifukai, il responsabile tecnico M° Luigi Carniel ha mostrato il Genryu  No Kata... un ammirevole Kata che propone le stesse tecniche prima Ken contro Ken, poi mani nude contro Ken.
In una delle tecniche di questo Kata, il ken di Tori viene "appoggiato" al polso di Uke.
Il Maestro Carniel ha quindi tenuto a precisare che questa pratica fu  introdotta da Mochizuki Sensei per salvaguardare uke, in quanto l'attacco anticamente veniva portato al collo di Uke...ma visti i numerosi incidenti di pratica il Sensei aveva ritenuto opportuno modificare il Kata. 
Ecco... chi praticasse il kata in maniera superficiale potrebbe non capire il perchè di un "attacco" così strano...
ma conoscendo la RAGIONE, ecco che tutto diventa cristallino...

Naturalmente il Maestro Carniel ha tenuto a precisare che ad un certo livello, e quando la pratica del Kata fosse stata interiorizzata, si sarebbe dovuto tornare all'attacco originale.

Ecco... Questo è un esempio di cosa intendo quando dico che una scuola è Viva...

Naturalmente non significa che non esistanto scuole tradizionali in cui effettivamente il gatto viene legato senza sapere il perchè, o scuole moderne in cui invece si sappia sempre ciò che si sta facendo.. Tutte le valutazioni di cui sopra nascono, naturalmente, solo dalla mia esperienza.
Probabilmente, come mi è stato fatto giustamente notare, io ho avuto la fortuna di trovare dei bravi Insegnanti di Arti tradizionali, cosa di cui mi reputo molto, molto fortunato.


Quindi, in conclusione, continuamo a legare il gatto, se proprio dobbiamo, ma cerchiamo almeno di avere coscienza del perchè lo facciamo.

DISCLAIMER:
Nessun gatto è stato legato per scrivere quest'articolo, e l'autore condanna fortemente l'uso di guinzagli per i gatti :-D





2 commenti:

  1. Condivido appieno le tue parole, la materia riguardante le differenze tra le Ko Ryu e quelle di Gendai Budô è vastissima.
    Nel calderone anarchico del nostro mondo spesso si fanno cose senza conoscerne l'origine; spessissimo si conosce la "fine" ma non il "principio"; per quello bisogna studiare e lo studio è faticoso...già.
    Un caro saluto.
    Fabio

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  2. Non posso che condividere lo scritto e confermare dal basso della mia esperienza quanto affermato da Loris.
    Saito Morihiro sensei affermava che "Aikido wa goritekina Budo desu" (l'Aikido è un'arte marziale razionale) ma questo credo valga per tutte le rti, marziali e non.
    Devono avere un ine ed un mezzo, sennò servono solo ad agitare l'aria o poco più. Personalmente invito sempre i miei allievi a farsi domande ed a cercare risposte, altrimenti saranno al massimo delle scimmie ben ammaestrate che ripetono dei gesti di cui non capiscono lo scopo, un po' come un sordo che suonasse il pianoforte ripetendo a memoria dei gesti visti eseguire da altri ma senza percepire alcun suono dallo strumento.
    My two cents

    carlo caprino

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