era da un pò che pensavo a questo particolare argomento.. e come sempre, quando sto elaborando questi pensieri, cerco di informarmi meglio per non scrivere castronerie.
Ecco.
Viene da pensare che tutto ciò che c'è da scrivere sia già stato scritto da qualcuno più bravo..
in fondo, nel mare magnum della rete, si può trovare di tutto e di più..
Quindi, quando ho trovato nel blog di Wayne Muromoto Sensei le parole che volevo scrivere io, scritto meglio e da una persona Sicuramente più qualificata, ho pensato fosse mio dovere tradurle perchè fossero fruibili dai non anglofoni e, sopratutto, dai miei allievi ed amici.
DIVENTARE SENSEI
"Becoming Sensei"
di Wayne Muromoto Sensei
tratto da: http://classicbudoka.wordpress.com/2014/01/13/106-becoming-sensei/
con il gentile permesso dell'autore
Gennaio 13,
2014
Ho raggiunto
un sorprendente (almeno per me) punto della mia vita in cui sono arrivato alla
dubbia posizione di “membro anziano”
nelle Arti marziali e nella cerimonia del te che pratico nel tempo
libero, divenendo quello che noi chiamiamo, volgarmente, “una vecchia
scorreggia”.
Ben lungi
dall’essere una posizione elevata e superiore,essa porta con se il peso di un sacco
di responsabilità.
In quanto
membro anziano, sono in quel particolare momento di transizione da SEMPAI
(allievo anziano) a SENSEI.
In alcune
Arti insegno già da un po’ ma ho sempre evitato di farmi chiamare Sensei dai
membri del Dojo, ora non più.
Devo diventare un Sensei, non solo per me ma per
i miei studenti.
Come mi
disse uno dei miei insegnanti “Anche se conosci un solo Kata, allora puoi
insegnare quell’unico kata. Non è il numero dei Kata , è la qualità del tuo
insegnamento che conta”.
Assumere
quel ruolo mi mette nella posizione di istruire, nutrire e proteggere le
persone che ho in carico, dare loro dei gradi, autenticare il loro
addestramento, aiutarli a crescere perché divengano la prossima generazione che
trasmetterà l’arte.
Non è una
responsabilità che avrei voluto, volevo solamente allenarmi a fondo, ma è
arrivata insieme alla necessità di avere un proprio dojo, alla propria maniera,
con una connessione diretta al proprio caposcuola.
E prima o
poi, tutti coloro che si saranno allenati per un certo periodo di tempo si
ritroveranno ad insegnare.
Che sia da
insegnante certificato o più informalmente da Sempai per i nuovi studenti, Ognuno di noi insegna agli altri nel momento stesso in cui impara qualcosa per te
stesso. È inevitabile in un ambiente sociale.
Anche nella
mia vita professionale insegno (arte digitale
e fotografia) e grazie all’aumento dell’interesse in questo campo le
classi sono sempre piene, e prima di questo ho insegnato nelle scuole
superiori, così ho circa vent’anni di esperienza nell’insegnamento.
Una delle
cose che ho appreso è che essere “addestrati” ad insegnare in maniera formale è
un grande vantaggio, ma ti prepara solo a metà per affrontare una classe reale,
o un dojo. Seguire delle lezioni di Pedagogia mi ha dato una struttura teorica
sulla filosofia dell’educazione, i fondami tecnici sul modo di strutturare una
lezione e la psicologia dell’insegnamento e dell’apprendimento, ma come ti
comporti sul campo in qualità di Sempai o Sensei è solo questione di come
riesci ad utilizzare i tuoi aspetti sociali positivi.
Per scelta
non sono un tipo socievole, come mia moglie mi fa notare spesso, posso essere
felice e soddisfatto anche solo lavorando in giardino, portando a spasso il cane,
leggendo, ed ho vita sociale sufficiente con lei ed un ristretto numero di
amici.
Cosi’ alzarmi in piedi di fronte ad una classe è stato uno sforzo, per
un tipo come me, ma ho imparato a uscire fuori, tanto che l’insegnamento è
divenuto abbastanza piacevole.
Così, da
“tipo all’antica”, ecco il mio consiglio:
Prima realizzerete che parte della
Vostra responsabilità per far parte di una Ryu è trasmetterla alla prossima
generazione, meglio sarà.
Non è responsabilità del solo Sensei. Il sensei ha
bisogno del Vostro aiuto.
Se siete un
Sempai e continuate a negarlo e rinnegate la responsabilità, obbligate
l’insegnante ad accollarsi l’intero peso della trasmissione e voi rimarrete
infantili.
Non è in questo modo che devono avvenire la trasmissione e l’insegnamento.
Non è in questo modo che devono avvenire la trasmissione e l’insegnamento.
Osservate
classi di bambini dell’asilo o delle elementari, l’insegnante è l’unico centro
di conoscenza che passa le informazioni e controlla la classe, ma c’è ampio
spazio per i bambini per insegnare l’un l’altro, si chiama “apprendimento
collaborativo”.
Fregarsene e dire “che ne so, non sono il sensei” è falsa umiltà.
Fregarsene e dire “che ne so, non sono il sensei” è falsa umiltà.
Non sei il
sensei, è vero, ma magari ne sai di più del tizio che è arrivato dopo di te,
così lo devi aiutare come un fratello più vecchio aiuta il fratellino o la
sorellina in un problema di matematica.
Non sei un insegnante, ma puoi essere
d’aiuto.
Ciò non
significa che tu debba spadroneggiare sui tuoi kohai come un piccolo dittatore,
ho visto troppe cinture blu-marrone di Karate o Aikido assumere un aria di
superiorità ben oltre il proprio status, non stavano cercando di aiutare,
stavano solo affermando il loro piccolo ego perché è tutto lo status che
pensando di poter avere nelle loro patetiche vite.
Ricordo di
aver indossato la cintura bianca entrando in un nuovo dojo, (anche se ero stato
il principale Uke del mio maestro e con quattro anni di allenamento nell’aikido e
dieci di Judo competitivo (oltre ad un po’ di karate)), ed iniziai a praticare
con una giovane cintura blu che necessitava fortemente di una doccia ed una
sbarbata.
Mentre cercavo di raffinare il mio Shiho-Nage, egli continuava a colpirmi
l’avambraccio per suggerire come fossi aperto ad una controtecnica, anche se
io stavo cercando di muovermi lentamente per raffinare la tecnica, lui continuava a
colpirmi e a fare risatine.. io praticavo lentamente cercando di comprendere il
Kata.. mentre lui tirava forte
e veloce cercando di impressionarmi.
Fra me e me pensavo che
non avrebbe dovuto praticare in quel modo con una cintura bianca, non
andava bene ed avrebbe potuto far del male a qualcuno che fosse un vero
principiante.. non stava cercando di aiutarmi, era solo immerso nella
gratificazione del proprio ego.
Alla fine,
arrivai a pensare che il mio movimento fosse corretto, e ne avevo abbastanza
dei suoi continui colpi e sorrisetti, così lo lanciai a piena velocità,
facendolo cadere pesantemente a terra. Aveva le dita già pronte per colpirmi di
nuovo, ma in quel preciso istante lo sbilanciai e lo feci cadere prima che
potesse riprendere l’equilibrio. Lo sguardo strabuzzato di sorpresa e di paura nei
suoi occhi fu impagabile.
Si inchinò, poi evitò accuratamente di praticare con
me per il resto della mia permanenza in quel dojo.
D’altro canto,
sono stato in alcuni dojo ben oliati in cui i membri anziani erano
incredibilmente gentili e senza la minima traccia di autocompiacimento ed
estremamente pazienti, mi indicavano i problemi e mi aiutavano a risolverli,
insieme alle istruzioni dirette del Sensei i progressi in quei dojo erano
sempre rapidi e divertenti.
Così ognuno
insegna, anche gli studenti, in un dojo o una classe che funziona, ma c’è una bella differenza fra
insegnare ed alimentare il proprio ego.
Ma COME
insegnare? Ecco, qui casca l’asino. Ci sono tanti modi di isnegnare quante le
personalità, dato il format basilare della scuola o il contenuto che ci si
aspetta da una classe, come presentare
il materiale è un affare della personalità e all’esperienza dell’insegnante, e di quanto Questi si
affidi all’esempio del Proprio
insegnante.
Recentemente
una domanda è stata sollevata in un gruppo di discussione sui Koryu, e su come
differenti Dojo insegnino la stessa Koryu in modi differenti, come se ci
fossero solo un paio di modi “giusti” per insegnarla… bazzico l’ambiente da abbastanza
tempo ed ho girato abbastanza Dojo da poter affermare che ci sono molti, molti,
molti modi .. e che la maggior partedi essi possono essere considerati “tradizionali”
Se lasciamo
da parte gli insegnanti che sono pessimi e basta (ed ognuno di Voi lo sa se ha
un pessimo insegnante, esattamente come uno studente del college che SA se un
insegnante non sa quel che sta dicendo), ci sono molti modi in cui un sensei
può strutturare l’insegnamento in una classe.
Perché
dipende dal tipo di studenti, dal numero di studenti, e dalla loro capacità
tecnica pregressa.
In un
piccolo gruppo non serve strutturare molto l’allenamento, puoi lavorare su una
base più personale, sulle forze e debolezze del singolo ed andare alla velocità
giusta per ogni singolo studente, mentre in gruppi molto grandi devi seguire il
Gruppo nella sua totalità, o l’apprendimento sarebbe caotico. La perfezione
(come sempre ndt) è nei gruppi di media misura.
In termini
di stili di insegnamento diversi, ho avuto un insegnante di Iai che
semplicemente ti guardava e diceva “questo è sbagliato, rifallo e continua
finchè non ti viene giusto”e poi se ne andava. Erano praticamente tutte le
istruzioni che ti dava, lasciando i sempai ad insegnarti cosa esattamente tu
stessi sbagliando. Era scontroso e parlava molto poco, ma era riconosciuto
come un grande perfezionista fra gli insegnanti che conoscevo, e il mio Iai
migliorò notevolmente sotto la sua guida ed ai suoi Sempai molto capaci.
Avevo invece
un altro insegnante che era esattamente l’opposto, mentre facevamo un nuovo
kata mi mostrava la tecnica molte volte, correggendomi e spiegandomi ogni
singolo particolare esoterico collegato, poi aspettava a guardarmi mentre
praticavo e diceva “bè, così va più o meno bene, ma meglio che fai così e cosà”
e poi andava a guardare un altro allievo.
i due insegnanti la pensavano in maniera totalmente opposta, ma insieme hanno migliorato incredibilmente il mio iai, perché non c’è un modo giusto ed uno sbagliato in questi tipi di approccio all’insegnamento, sembra funzionassero perfettamente specialmente in tandem.
Comunque,
per la maggior parte, Gli insegnanti di Koryu e Shinbudo con cui sono rimasto erano
molto simili, erano esempi tecnici superlativi, potevano dimostrare, discutere
e smontare un kata, potevano mostrare con l’esempio E spiegare
verbalmente, potevano anche osservare e correggere i miei movimenti per farmi
fare le tecniche nel modo giusto.
Ma i modi in cui strutturavano la lezione, gli esercizi, l’insegnamento dei kata, bè, erano totalmente differenti l’uno dall’altro.
Ma i modi in cui strutturavano la lezione, gli esercizi, l’insegnamento dei kata, bè, erano totalmente differenti l’uno dall’altro.
Comunque, la
cosa più difficile dell insegnare è essere un buon esempio per i propri
allievi. Ed è per questo che i miei insegnanti di Koryu, quando ho comunicato
loro loro che sarei ritornato alle Hawaii, mi hanno incoraggiato ad insegnare.
Sia il mio insegnante di Jujutsu che quello di Iai mi hanno detto “Non puoi migliorare da solo, hai bisogno di avere delle persone intorno a te. E se insegni, anche se pensi di non avere molto da insegnare, sarai costretto a pensare ai Kata più profondamente per riuscire a padroneggiare il Waza, così insegnando stai approfondendo il tuo apprendimento”
Sto
riflettendo proprio su questo aspetto perché ho appena finito le celebrazioni
per il nuovo anno con il mio gruppo di cerimonia del Te. Abbiamo tenuto un
grande ChaKai (riunione del te’) e, come al solito, nessuno voleva essere il
“primo ospite” all’evento, perché è considerata una posizione di grande rilievo
ed onore. Questo onore viene normalmente
dato all’ospite con il grado più elevato ed egli si assume la responsabilità di
rappresentare tutti gli altri ospiti sul tatami della sala da Te’. Così, come
al solito, abbiamo passato qualche
minuto cercando di sederci in posti che non fossero quell’unica posizione
d’onore.
Alla fine uno dei sensei della cerimonia è uscito dalla sala di preparazione e
mi ha apostrofato con un “Wayne, TU siediti qui!” perché aveva bisogno che il
Chakai iniziasse, tutto quel “enryo” (tirarsi indietro per umiltà) stava
portando via troppo tempo.
Ero, in
effetti, “l’ufficiale responsabile delle operazioni” del gruppo, e quella
posizione aveva un certo prestigio ed un certo peso, ma ho anche realizzato che
un maggior numero di noi praticanti di mezz’età dovrà salire su quel podio
Dopo di me si è seduta una pensionata di 80 anni, le altre signore dopo di lei erano fra i 70 e gli 80, c’era qualche giovane e qualcuno di mezza età.. ma non abbastanza. Se noi “stagionati ma relativamente giovani” continuiamo a voler restare indietro, rischiamo di creare un vuoto fra la nostra generazione ed i nostri insegnanti. I nostri sensei nel Chanoyu (e nelle Koryu) stanno invecchiando di fronte a noi. Hanno bisogno di aiuto. Hanno bisogno di gente più giovane che prenda quel posto, non solo come “primo ospite” ma anche come insegnanti e guide.
Dopo di me si è seduta una pensionata di 80 anni, le altre signore dopo di lei erano fra i 70 e gli 80, c’era qualche giovane e qualcuno di mezza età.. ma non abbastanza. Se noi “stagionati ma relativamente giovani” continuiamo a voler restare indietro, rischiamo di creare un vuoto fra la nostra generazione ed i nostri insegnanti. I nostri sensei nel Chanoyu (e nelle Koryu) stanno invecchiando di fronte a noi. Hanno bisogno di aiuto. Hanno bisogno di gente più giovane che prenda quel posto, non solo come “primo ospite” ma anche come insegnanti e guide.
Così, quelli
della mia generazione e di quella più giovane, dai più giovani ai più anziani,
vediamo i nostri sensei arrivare agli anni del crepuscolo. Veniamo incoraggiati
(magari non sempre) ad insegnare di più, a far funzionare di più le cose.
Magari alcuni sensei hanno ancora paura di lasciare la briglia, sono come
genitori che non riescono a lasciar andare i propri figli al College. E’ nostra
responsabilità aiutarli almeno in ciò che possiamo, perché prima o poi (non parliamo
di decadi.. ma di anni! O, Dio ce ne scampi, di mesi!) essi non ci saranno più,
e noi stessi ci stiamo dirigendo verso l’autunno delle nostre vite.
Quando
guardo allo scopo più ampio delle decadi di allenamento in una koryu, vedo che
siamo soltanto anelli di una lunga catena, e se è vero che dobbiamo assumerci
alcune delle responsabilità, è pur vero che dobbiamo spingere alcune di queste
responsabilità lungo la catena, alle persone più giovani. Insegnare loro non
solo come apprendere, ma anche come insegnare, perché nemmeno noi stiamo
diventando più giovani.
Un buon
insegnante, pertanto, a metà della propria carriera, non deve solo insegnare ai
propri studenti come essere buoni studenti, deve insegnare anche come diventare
i propri stessi insegnanti, le proprie fontane di conoscenza.
Lasciare che
uno studente rimanga un allievo per sempre, trattenerlo indietro, vuol dire
infantilizzarlo, renderlo un bambino. Dimostra solamente l’insicurezza
dell’insegnante. Ed un allievo il cui
unico desiderio è di essere imboccato, anche dopo anni di allenamento, ha
bisogno di crescere un po’, inciampare da solo, rialzarsi e riprovare come
abbiamo fatto noi, e come hanno fatto i nostri sensei prima di noi.
questo è il modo esatto di portare avanti il proprio ruolo, credo che Wayne sia un ottimo sensei
RispondiElimina:-)
RispondiEliminaWayne è un Personaggio molto conosciuto del mondo marziale delle Koryu, era la persona dentro Furyu, una rivista serissima sulle Arti Marziali che è rimasta nel cuore di chi l'ha conosciuta...